giovedì 7 dicembre 2023

Iniziativa: Più cibi etici nei supermercati

 L'utenza vegetariana/vegana è in continuo aumento e un numero sempre maggiore di persone, pur consumando ancora cibi di origine animale, si sta impegnando - per motivazioni etiche, ecologiste, salutiste - a consumarne con minore frequenza e in minori quantità.


Riteniamo fondamentale ampliare l'offerta della gamma di prodotti adeguati a soddisfare le richieste di questi consumatori consapevoli - e a garantire loro una più vasta possibilità di scelta.

I motivi dell'allargamento della disponibilità di tali prodotti sono:


garantire a questa categoria di consumatori il diritto di trovare prodotti adatti al loro stile di vita, a prezzi ragionevoli;

consentire a chi ha orientamenti alimentari a base carnea/ casearia, legati a consuetudini sociali, la possibilità di avvicinarsi o direttamente optare per cibi caratterizzati da un minore impatto "invasivo" sul pianeta.

Motivi

I motivi per cui un maggior uso di alimenti eticamente corretti - e quindi una diminuzione o eliminazione di prodotti che comportano l'uccisione o comunque lo sfruttamento di animali - è da considerarsi un'azione responsabile sono molteplici:


Scelta etica: gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti; la catena produttiva della carne (allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione) li riduce però a cose. Affinché il prezzo della carne e dei derivati animali risulti compatibile con i livelli produttivi richiesti dal mercato, l’industria zootecnica ha infatti optato per l'allevamento di tipo intensivo. Nelle stalle industriali gli animali trascorrono quindi la propria breve "esistenza" costretti in spazi ridottissimi e sovraffollati, che rendono loro impossibile soddisfare ogni esigenza etologica. Ogni tanto si vedono delle vacche al pascolo, ma rappresentano una percentuale trascurabile degli animali da allevamento e che non sfugge, comunque, alla macellazione, né alla separazione dai figli appena nati.

Nei mattatoi gli animali vengono abbattuti senza pietà, non esiste compassione che impedisca a chi uccide di fare il proprio "lavoro", gli animali sono solo oggetti da sfruttare e ammazzare. Nel corso della propria vita (80 anni in media), ogni italiano uccide per cibarsene circa 1.400 animali tra bovini, polli, tacchini e altri volatili, maiali, conigli, cavalli.

Scelta ecologica: l'allevamento sia di tipo intensivo, sia di tipo estensivo (i grandi ranch degli Stati Uniti, o i pascoli nei Paesi del Sud del mondo) è chiaramente insostenibile dal punto di vista ecologico. La metà delle terre fertili del Pianeta viene infatti usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, proteaginose, destinati all’alimentazione degli animali "da carne". Inoltre, per dare spazio a nuovi pascoli e a nuovi terreni destinati a produrre cibo per gli animali, si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, il polmone verde del Pianeta, provocando così la desertificazione di immense porzioni di territorio. Latte e carne sono indiscutibilmente i "cibi" più dispendiosi, inefficienti e inquinanti che si possano concepire: oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli umani) e all'uso indiscriminato della chimica, vi sono la questione dell'enorme consumo d'acqua in un Mondo irrimediabilmente assetato, il consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e dei prodotti di scarto, le ripercussioni sul clima, l'erosione del suolo, la desertificazione di vaste zone della Terra.

Scelta salutistica: i pericoli per la salute umana derivanti dal consumo di alimenti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e latticini) sono molti. Negli ultimi anni il fenomeno BSE ha drammaticamente evidenziato come la manipolazione dell’uomo sulla natura abbia determinato effetti catastrofici, non solo sulla vita degli animali, ma anche sulla salute pubblica e sull’ambiente; e come, con gli attuali sistemi di nutrizione forzata e innaturale, che trasformano individui erbivori in carnivori e talvolta in cannibali, il fenomeno possa estendersi anche ad altri animali. Da sottolineare poi le svariate epidemie scoppiate, in tempi remoti e recenti, tra gli animali d'allevamento, che rappresentano un serio pericolo (in alcuni casi diventato realtà) di contagio animale-uomo. Negli allevamenti intensivi gli animali sono imbottiti di antibiotici e farmaci di vario genere, i pesci pescati nei mari sono un concentrato delle sostanze tossiche di cui le acque sono oggi "ricche". Anche evitando di porre l'attenzione sui pericoli descritti, una dieta basata su alimenti di origine animale resta comunque inadatta per l'organismo umano, determinando inoltre tutte le patologie degenerative che costituiscono le cause prime di morte nei Paesi ricchi.

Scelta sociale: circa 24.000 persone muoiono ogni giorno per denutrizione o per malattie ad essa collegate. Di queste, circa 18.000 sono bambini. È questo, il problema di fondo: lo squilibrio nella distribuzione delle risorse. L'attuale disponibilità di derrate alimentari potrebbe consentire, a tutti gli abitanti del Pianeta, di assumere un numero sufficiente di calorie, proteine e altri nutrienti necessari. Le produzioni attuali di cereali e legumi sarebbero sufficienti a sfamare l'intera popolazione mondiale, se detti vegetali fossero direttamente consumati dagli umani, anziché essere utilizzati, con grave spreco, per nutrire gli animali da "allevamento": realizzando così una ridistribuzione equa delle risorse. Il problema della ridistribuzione delle risorse non è certamente causato dal solo spreco per lo smodato consumo di carne da parte dei Paesi ricchi: il problema è sicuramente più ampio, ma gli sprechi descritti vi contribuiscono in maniera significativa.

Scelta economica: lo sviluppo tecnologico genera la diminuzione della forza lavoro necessaria e del prezzo delle materie prime, ma solo per economie di scala. I piccoli proprietari non dispongono dei capitali necessari agli ingenti investimenti che una tale forma di agricoltura richiede, si assiste quindi alla continua diminuzione delle aziende agricole a conduzione familiare e all'affermarsi di poche grandi imprese. Mentre nel passato si verificava la simbiosi tra la coltivazione della terra e l'allevamento di animali, a partire dagli anni '50-'60 - sulla scia di quanto già avveniva negli Stati Uniti - si è sviluppata in Europa la zootecnia intensiva, in cui gli animali "vivono" in grandi capannoni senza più alcun legame con la terra, i mangimi acquistati all'esterno, spesso anche da altri continenti. I prodotti della zootecnia costano poco sul mercato, ma se la produzione avvenisse in modo sostenibile (dal punto di vista ambientale, della salute del consumatore e del benessere degli animali) i costi risulterebbero almeno triplicati. Va considerato che l'attuale sistema non sopravvive senza le sovvenzioni pubbliche: ciò che il consumatore non spende al momento dell'acquisto viene speso quando paga le tasse, nella forma di sovvenzioni statali agli allevatori.












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